Lo Strings Theory Music Fest è orgoglioso di essere partner di questo grande progetto di Sara Piolanti e Marco Vignazia

Ancora prima di conoscere più a fondo le motivazioni del blues e la storia del popolo che del blues ha fatto il suo linguaggio e in qualche modo la sua rivincita, il suo riscatto, ancor prima di avere ben chiari in testa e sulla pelle i significati di sopruso, lotta, esilio, si ha come l’impressione che ora più che mai tutto questo ci riguardi.
Nel momento storico che stiamo vivendo, in cui i progressi fatti in secoli, millenni di sviluppo di coscienza e di idee sembrano non solo annullarsi ma addirittura perdere di significato e legittimità, il blues e i suoi artisti hanno ancora molto da raccontarci e insegnarci, sia a livello umano che artistico, caratteri che in realtà si fondono insieme perché parte di un vero e proprio mood culturale che ha riguardato ogni aspetto della vita e dell’esperienza di un popolo rubato alla sua terra e privato della sua libertà.
Dopo un secolo tutto ciò è ancora tremendamente attuale e Prison Songbook nasce anche da questa consapevolezza, portando la provocazione all’eccesso nel scegliere di raccontare specificamente il blues della perdita di libertà e dignità per eccellenza, cioè il blues delle carceri e dei campi di lavoro.
Abbiamo trovato traccia di prison song in tantissimi autori da Robert Pete Williams, Son House, a Charlie Patton a Bukka White, Peg Leg Howell, Blind Lemon Jefferson, R.L. Burnside, Furry Lewis, Leadbelly, Skip James, Robert “Guitar Welch”, Scrapper Blackwell ecc. Abbiamo scoperto incredibili work song.
Abbiamo capito che la voce umana e lo spirito umano non si possono chiudere dentro una gabbia.
Prison Songbook racconta la musica e la poesia di grandi artisti a cui veniva letteralmente pagata una cauzione dai pochi filantropi del tempo perché potessero almeno per un giorno uscire di prigione e registrare le opere senza le quali la musica, per come la conosciamo e apprezziamo oggi, non esisterebbe.
Prison Songbook rappresenta un unicum alla interno delle proposte culturali e musicali non solo a livello italiano in quanto affronta un tema di grande attualità che può essere spunto di riflessione anche per la società contemporanea

Il lancio del progetto con concerto dal vivo si è tenuto sul palco del Festival nell’edizione 2020

ringraziamo per le foto professionali di scena il fotografo Massimo De Rosa di Ravenna

In occasione della Giornata mondiale di commemorazione delle vittime della schiavitù e della tratta transoceanica degli schiavi, Prison Songbook presenta il suo video ufficiale
In questo anno di privazioni, la nostra visione personale ha preso coscienza di cosa vuol dire essere costretti a rinunciare alla propria libertà, in modo concreto e lontano da ogni retorica.
Un esperienza umana disumanizzante forzatamente contact less di cui tutti noi avremmo fatto a meno. Ciononostante, questa drammatica situazione ci ha costretto ad acuire la nostra sensibilità verso temi che conoscevamo spesso solo per sentito dire.
Prison Songbook, come tanti altri progetti ha subito un duro colpo nel proprio percorso in seguito alle restrizioni che hanno colpito ingiustamente tra gli altri teatri e festival.
Ma in occasione della giornata mondiale contro la schiavitù abbiamo deciso di far uscire un nuovo video, che altro non è che una nostra reinterpretazione di uno spiritual convertito in work song da dei prigionieri nei penitenziari Americani registrati dall’etnomusicologo Alan Lomax.
La trasformazione di un canto di impostazione religiosa in un canto di lavoro ha di per sé un qualcosa di sconvolgente, come a rimarcare l’impossibilità di un riscatto, come a sottolineare che la dimensione alienante e confortante della religione è abolita per legge e la sostituzione del battito delle mani al colpo di martello della chain gang l’unica opzione possibile. Ma anche il contrario cioè il fatto di usare un canto religioso in un contesto disperante e totalitario può essere motivo di sollievo. Certo è che il significato muta col contesto. Considerando che i primi africani arrivarono come schiavi in America incatenati, ritrovare la medesima condizione umana fino alla prima metà del 900 nei penitenziari Americani del sud dove la maggior parte dei detenuti era di origine africana crea un senso di disperata e tragica continuità che lega Prison Songbook a questa importante commemorazione mondiale.
Con questo video, registrato e girato tra i mille vincoli dei vari lockdown, zone arancioni, gialle e rosse, vi invitiamo a continuare a seguirci nella speranza di poter tornare presto a incontrarci dal vivo.
Ringraziamo Jari Salamone, Sandro Neri, Marco Anconelli e Francesca Paola Montagni Marchiori, Antonella Sinopoli per averci aiutato e sostenuto senza il loro generoso e disinteressato aiuto e il loro innato talento questo video non sarebbe mai stato possibile.
Grazie
Marco Vignazia e Sara Piolanti

Presentazione del video ufficiale

Rubrica Il Salotto del Festival

La Rubrica il Salotto del Festival ospita Sara Piolanti e Marco Vignazia con un’intervista in occasione della presentazione del video ufficiale di Prison Songbook